E' noto che il verbale di accordo in mediazione costituisce titolo esecutivo. E' altrettanto noto che ormai da un decennio siano cambiate le modalità di acquisizione dell'efficacia esecutiva del titolo.
Il testo originario dell'art.12 del D.Lgs. n.28/2010, infatti prevedeva una specifica procedura che il titolare di un credito riconosciuto in mediazione era tenuto a seguire al fine dell'ottenimento del titolo esecutivo, in difetto di adempimento spontaneo degli accordi ivi conclusi. In tal caso, infatti, "il verbale di accordo, il cui contenuto non è contrario all'ordine pubblico o a norme imperative" sarebbe dovuto essere "omologato, su istanza di parte e previo accertamento della regolarità formale, con decreto del presidente del Tribunale nel cui circondario ha sede l'organismo".
Si deve rammentare che la mediazione originariamente non prevedeva l'assistenza legale obbligatoria neanche nei casi in cui la stessa era condizione di procedibilità della domanda giudiziale; da ciò derivava l'esigenza del vaglio preventivo dell'autorità giudiziaria. Essendo infatti l'accordo atto delle parti e non del mediatore, il legislatore aveva ben presente la necessità di evitare che uno strumento tendenzialmente deflattivo come la mediazione fosse causa di azioni giudiziali tese a far valere la nullità o l'annullabilità di accordi raggiunti senza il rispetto delle norme imperative.
L'art.12 del citato decreto legislativo ha subito una importante modifica da parte del D.L. n.69/2013, convertito con modificazioni dalla Legge 09.08.2013 n.98, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n.272 del 06.12.2012.
Questa riforma introducendo l'assistenza legale obbligatoria nelle controversie soggette alla condizione di procedibilità, ha reso gli avvocati personalmente responsabili del buon esito del procedimento; responsabilità che, estrinsecandosi nella attestazione che l'accordo non sia in violazione di norme imperative ed ordine pubblico, ha consentito la possibilità per le parti di evitare di ricorrere alla procedura di omologazione dell'accordo, in tutti i casi di suo inadempimento.
Infatti, mentre nella sua formulazione originaria l'art.12 esordiva ponendo l'accento sul verbale di accordo e sul suo contenuto ("il verbale di accordo, il cui contenuto non è contrario [...], è omologato), con la riforma del 2013 l'attenzione si è spostata primariamente sui soggetti che hanno partecipato alla procedura di mediazione e, nello specifico, alla presenza o meno degli avvocati ("ove tutte le parti aderenti alla mediazione siano assistite da un avvocato"), per poi chiarire che in detto caso -e solo in detto caso- varrà la nuova regola (art.12 comma 1 primo periodo: " ove tutte le parti aderenti alla mediazione siano assistite da un avvocato, l'accordo che sia stato sottoscritto dalle parti e dagli stessi avvocati costituisce titolo esecutivo per l'espropriazione forzata, l'esecuzione per consegna e rilascio, l'esecuzione degli obblighi di fare e non fare, nonchè ...").
Secondo la nuova formulazione, quindi, sia che la mediazione sia obbligatoria sia che sia facoltativa, tutte le volte che alla stessa le parti si siano fatte assistere da un avvocato, l'esecuzione dell'accordo in mediazione potrà ottenersi senza la preventiva omologazione da parte del Presidente del Tribunale, competente per territorio. Questo in ragione del fatto che "Gli avvocati attestano e certificano la conformità dell'accordo alle norme imperative e all'ordine pubblico" (art.12 comma 1 2° periodo).
L'assenza di questa certificazione ha conseguenze rilevanti perchè ove l'accordo non sia adempiuto, non potrà essere posto in esecuzione con la semplice trascrizione nell'atto di precetto, e potrebbe non essere eseguibile coattivamente in alcun modo, ove affetto da nullità e contrario alle norme imperative e all'ordine pubblico.
Qualche dubbio poi si pone sulla possibilità di ricorrere alla procedura di omologazione davanti al Presidente del Tribunale nel caso in cui, pur essendo le parti assistite dagli avvocati (ancor più in caso di mediazione obbligatoria), questi omettano di certificare la conformità dell'accordo alle norme imperative e all'ordine pubblico.
Il legislatore del 2013, infatti, dopo avere specificato che l'accordo costituisce titolo esecutivo, "ove tutte le parti aderenti alla mediazione siano assistite da un avvocato" (1° periodo comma 1 art.12); dopo avere aggiunto che gli avvocati certificano e attestano la conformità alle norme imperative (2° periodo) e avere precisato, al 3° periodo del medesimo comma, che in detti casi (testualmente "l'accordo di cui al periodo precedente...") dev'essere integralmente trascritto nel precetto; al 4° periodo del medesimo comma prescrive che "In tutti gli altri casi l'accordo allegato al verbale è omologato".
Bisogna quindi capire quali siano "tutti gli altri casi", se cioè siano tali quello di
1) accordi raggiunti senza l'assistenza legale (mediazioni volontarie in cui le parti possono non farsi assistere dall'avvocato);
2) accordi che non prevedano il pagamento di somme di denaro, la consegna o il rilascio di beni, nè obblighi di fare e non fare;
3) accordi in cui gli avvocati, scientemente o meno non abbiano effettuato l'attestazione/certificazione di conformità alle norme imperative e all'ordine pubblico.
Ferma la pacificità dei casi di cui al punto 1) e 2), con riguardo alla terza ipotesi, appare opportuno fare alcune considerazioni.
Come già si è avuto modo di dire in altra occasione, non può ritenersi un caso nè privo di significato il fatto che il legislatore non abbia sentito la necessità di specificare, se questa attività certificatoria della conformità dell'accordo alle norme imperative e all'ordine pubblico costituisca per l'avvocato una facoltà o un obbligo.
Si reputa quindi, che in tal modo il legislatore abbia voluto evidenziare come detta attività sia implicita ed imprescindibile nell'assistenza svolta dall'avvocato in mediazione: assistenza, quindi, che tale non sarebbe se l'atto conclusivo dell'accordo fosse privo della certificazione dell'avvocato.
Stando così le cose, l'omologazione da parte del Presidente non sarebbe ammissibile nell'ipotesi n.3.
Conferma della correttezza di questa interpretazione la si è avuta dal Correttivo Cartabia che, al comma 1bis dell'art.12, in luogo della precedente formulazione ("in tutti gli altri casi") ha previsto l'omologazione solo "quando le parti aderenti alla mediazione non sono tutte assistite dagli avvocati".
Riservando ad una prossima occasione la trattazione del caso relativo alla mancata certificazione da parte di almeno uno degli avvocati (forse più scolastica che concreta, considerato come sia interesse delle parti e dei loro avvocati, quello di raggiungere un accordo pienamente valido, vincolante ed azionabile esecutivamente), ciò che in questa sede rileva è che la certificazione della conformità alle norme imperative e all'ordine pubblico secondo la formulazione dell'art.12 post Riforma del 2014 conferisce all'Accordo in mediazione il valore di titolo esecutivo non solo per l'espropriazione forzata, l'esecuzione per consegna/rilascio e l'esecuzione degli obblighi di fare e non fare, ma altresì per l'iscrizione di ipoteca giudiziale.
La norma, sotto questo profilo, non ha subito rilevanti modifiche nè da parte della Riforma Cartabia (D.Lgs. n.149/2022 come modificato dalla L. n.197/2022) nè dal recentissimo Correttivo (D.Lgs. n.216/2024), che hanno previsto da un lato che l'accordo può essere sottoscritto anche con le modalità telematiche di cui all'art.8bis e, da ultimo, in considerazione delle ultime novità relative all'esecuzione richiesta in modalità telematica all'UNEP, aggiungendo la previsione che "l'avvocato certifica la conformità all'originale della copia dell'accordo trasmessa con modalità telematiche all'Ufficiale Giudiziario ...". Nessuna modifica invece vi è stata nè con riguardo alla validità di titolo esecutivo nè a quella di titolo per l'iscrizione di ipoteca giudiziale.
Prestando attenzione a quest'ultimo profilo, la giurisprudenza, ha dovuto affrontare il problema della possibilità di utilizzare l'Accordo in mediazione ai fini dell'iscrizione di ipoteca e dei suoi oneri.
Il problema si è presentato già diversi anni fa con riguardo all'ipotesi di un accordo omologato dal Presidente del Tribunale, omologazione che - ricordiamo- comporta l'accertamento della regolarità formale dell'accordo oltre che del rispetto delle norme imperative e dell'ordine pubblico (art.12 Comma 1-Bis).
Il problema era stato sollevato da un Conservatore dei Registri Immobiliari secondo cui, nonostante la verificazione operata dal Presidente del Tribunale in sede di omologazione, "il titolo negoziale presentato per l'iscrizione doveva avere i requisiti previsti dall'art.2818 C.C. e quindi contenere la condanna a pagare una somma o ad adempiere un'altra obbligazione": elementi che nel caso dell'accordo in mediazione, come è ben facile comprendere, erano assenti. Per tale ragione l'ipoteca era stata iscritta con riserva e, a seguito del ricorso proposto dalla società nei cui confronti era avvenuta l'iscrizione, la questione è stata definita dal Tribunale di Ascoli Piceno con ordinanza del 11.10.2017. Questo, nell'occasione, ha reputato del tutto legittima l'iscrizione affermando il principio secondo cui il Conservatore non può sindacare sul contenuto dell'atto (recte accordo in mediazione), in quanto "le parti determinano tale contenuto in piena autonomia". Il Tribunale ha altresì evidenziato che quella di cui all'art.12 D.Lgs. n.28/2010 è un'ipotesi speciale e diversa da quella dell'ipoteca giudiziale, per cui vi è la necessità di non disincentivare il ricorso agli strumenti non contenziosi di definizione delle liti.
E' evidente, infatti, come una "condanna al pagamento di somme di denaro" sia del tutto incompatibile con un accordo, per cui pretendere un simile requisito formale si tradurrebbe di fatto con l'inutilizzabilità dell'accordo ai fini della garanzia ipotecaria.
Del medesimo avviso era stato il Tribunale di Varese (sentenza 12.07.2012) che aveva ritenuto che la norma ha natura speciale integrativa del diritto comune, in quanto "la base è volontaria ma la garanzia è giudiziale", ed è espressione di un favor mediationis da parte del legislatore.
Così come già rimarcato anche dal Tribunale di Bari (sentenza 07.09.2016), la norma avrebbe "innovato la categoria dei titoli esecutivi ex lege" mentre, una diversa interpretazione della stessa "vanificherebbe e depotenzierebbe" lo strumento della mediazione.
Se quindi non ci sono dubbi sull'utilizzabilità dell'Accordo in mediazione, dotato dei requisiti di cui sopra, quale titolo esecutivo anche ai fini dell'iscrizione ipotecaria, si sono sollevati dei dubbi se in sede di iscrizione di ipoteca il creditore possa avvalersi delle agevolazioni fiscali di cui all'art.17 comma 1 D.Lgs. n.28/2010, che stabilisce che "tutti gli atti, documenti e provvedimenti relativi al procedimento di mediazione sonoesenti dall'imposta di bollo e da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura".
Per completezza, si rammenta che il 2° comma del medesimo articolo prevede l'altra importante agevolazione: quella dell'esenzione dall'imposta di registro sino a €. 100.000 sul verbale e l'accordo di mediazione.
Con riguardo all'esenzione di cui alla formulazione previgente dell'art.17 ma corrispondente all'attuale comma 1 dell'art.17, l'Agenzia delle Entrate con il parere n.235 pubblicato in data 31.07.2020 aveva precisato che il regime di esenzione in oggetto "trova applicazione anche per le imposte ipotecaria e catastale, indipendentemente dal valore dei trasferimenti oggetto dell'accordo".
Detta estensione è stata riconosciuta nel medesimo periodo anche dalla Cassazione, con l'ordinanza 16.06.2020 n.11617, che ha precisato che "si applica agli atti, documenti e provvedimenti del procedimento di mediazione, ovvero compresi nell'ambito dell'attività, comunque denominata, svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, anche con formulazione di una proposta ..., dovendo quindi ritenersi esenti da tassazione l'istanza di mediazione, i documenti allegati, l'adesione alla mediazione, le eventuali memorie delle parti, ... la proposta di conciliazione, il verbale di conciliazione ed eventuali copie dello stesso ...".
Se si presta attenzione, si nota che l'interpretazione fornita dalla S.C. si discosta solo minimamente dalla formula utilizzata dal legislatore: questi infatti ha previsto l'esenzione per tutti gli atti RELATIVI al procedimento di mediazione, mentre la Cassazione traduce tale principio specificando che per tali devono intendersi tutti gli atti DEL procedimento di mediazione.
La ratio della norma appare chiara ed in linea con tutta la normativa di settore: incentivare il ricorso allo strumento della mediazione in ragione della sua funzione deflattiva.
Da quanto sopra, se ne desume che "l'applicazione del regime fiscale agevolato è limitata agli atti concernenti il procedimento di mediazione", anche tenendo ben presente che "il trattamento tributario agevolativo, avente natura eccezionale, è di stretta interpretazione ed insuscettibile di applicazione analogica".
Posto, quindi che, ai sensi dell'art.1 lett. a del D.Lgs. n.28, per "mediazione" si intende l'attività "svolta da un terzo imparziale" e per "conciliazione" la composizione della controversia raggiunta a seguito della mediazione come sopra intesa, l'agevolazione fiscale, secondo un recente parere fornito dall'Agenzia delle Entrate (n.3/2025), in linea con i principi già affermati dalla S.C., non può che limitarsi all'attività di mediazione: e quindi a quella interna alla procedura, funzionale e sfociante nella conciliazione.
Tale non è l'iscrizione di ipoteca trattandosi di attività ulteriore che "l'istante intende porre in essere al fine di garantire il proprio credito". Questa, quindi, rileva l'Agenzia, "non appare posta in essere in dipendenza o al fine dello svolgimento dell'attività procedimentale, o comunque strumentale rispetto al procedimento di mediazione, in quanto attiene ad una fase successiva alla chiusura del procedimento ovvero quello dell'esecuzione dell'accordo di mediazione" (Parere A.d.E. n.3/2025).
A conferma della correttezza dell'interpretazione appare utile rammentare che, per le medesime ragioni, l'azione esecutiva eventualmente posta in essere dal creditore in caso di inadempimento delle obbligazioni assunte dalla sua controparte nell'accordo di mediazione è soggetta al versamento del contributo unificato ed agli ulteriori oneri del processo esecutivo.
La ragione di questa solo apparente discrasia è da rinvenirsi nel fatto che dette fasi successive alla mediazione/conciliazione, sono espressione di una nuova conflittualità ed un nuovo contenzioso, che si traduce in un procedimento giudiziale, seppur di natura esecutiva e non cognitoria, mentre le agevolazioni fiscali devono ritenersi un'esclusiva, riconosciuta dal legislatore alla definizione "non contenziosa" del conflitto.
Prospettive di Riforma
Seppur la logica di quanto sopra sia chiara, si reputa meritevole di un ulteriore approfondimento da parte del legislatore la considerazione che estendere l'agevolazione fiscale anche all'attività consequenziale ed esecutiva dell'accordo di mediazione, determinerebbe un importantissimo ulteriore incentivo alla definizione delle controversie.
In tal modo, infatti, verrebbe disincentivato in maniera importante anche l'inadempimento agli accordi conclusi in mediazione, favorendo il rispetto degli stessi e così garantendo la reale definizione della controversia.
Il conflitto, infatti, potrebbe dirsi effettivamente ripianato solo con la completa attuazione dell'accordo conciliativo faticosamente raggiunto in mediazione.
Questo comporterebbe non solo l'eliminazione del contenzioso di cognizione (che la mediazione è già idonea a scongiurare) ma anche il tutt'altro che irrilevante contenzioso che, pur in presenza di accordi di mediazione, sfocia nelle aule di giustizia a seguito di iscrizioni ipotecarie e azioni esecutive: vuoi in termini di procedimenti cautelari, vuoi in termini di procedimenti esecutivi, vuoi infine, in termini di processi di opposizione alle esecuzioni e agli atti esecutivi.
Un'agevolazione fiscale anche su questo profilo incrementerebbe ulteriormente la funzione deflattiva della mediazione, già riconosciuta e perseguita dal nostro ordinamento nel rispetto dei principi costituzionali, posto che favorirebbe la spontanea e regolare attuazione degli accordi raggiunti.
Ulteriore profilo, che un legislatore attento non dovrebbe sottovalutare, è infine rappresentato dalla necessità di evitare che anche la mediazione, così come ogni strumento di diritto possa essere strumentalizzato in termini di "abuso del diritto".
Tale sarebbe, infatti, il comportamento della parte che, al solo fine di procrastinare ed eludere l'affettivo adempimento delle proprie obbligazioni, non solo partecipa alla mediazione (magari usufruendo di tutte le possibili proroghe concesse dalla normativa) ma arriva addirittura a concludere un accordo, nella consapevolezza e con l'intento di non adempierlo, così ottenendo il tempo eventualmente necessario per frustrare completamente l'altrui credito.
Questo rischio di abuso, si reputa possa essere efficacemente scongiurato dall'incentivare anche la garanzia e l'esecuzione dell'accordo concluso in mediazione.
Il testo originario dell'art.12 del D.Lgs. n.28/2010, infatti prevedeva una specifica procedura che il titolare di un credito riconosciuto in mediazione era tenuto a seguire al fine dell'ottenimento del titolo esecutivo, in difetto di adempimento spontaneo degli accordi ivi conclusi. In tal caso, infatti, "il verbale di accordo, il cui contenuto non è contrario all'ordine pubblico o a norme imperative" sarebbe dovuto essere "omologato, su istanza di parte e previo accertamento della regolarità formale, con decreto del presidente del Tribunale nel cui circondario ha sede l'organismo".
Si deve rammentare che la mediazione originariamente non prevedeva l'assistenza legale obbligatoria neanche nei casi in cui la stessa era condizione di procedibilità della domanda giudiziale; da ciò derivava l'esigenza del vaglio preventivo dell'autorità giudiziaria. Essendo infatti l'accordo atto delle parti e non del mediatore, il legislatore aveva ben presente la necessità di evitare che uno strumento tendenzialmente deflattivo come la mediazione fosse causa di azioni giudiziali tese a far valere la nullità o l'annullabilità di accordi raggiunti senza il rispetto delle norme imperative.
L'art.12 del citato decreto legislativo ha subito una importante modifica da parte del D.L. n.69/2013, convertito con modificazioni dalla Legge 09.08.2013 n.98, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n.272 del 06.12.2012.
Questa riforma introducendo l'assistenza legale obbligatoria nelle controversie soggette alla condizione di procedibilità, ha reso gli avvocati personalmente responsabili del buon esito del procedimento; responsabilità che, estrinsecandosi nella attestazione che l'accordo non sia in violazione di norme imperative ed ordine pubblico, ha consentito la possibilità per le parti di evitare di ricorrere alla procedura di omologazione dell'accordo, in tutti i casi di suo inadempimento.
Infatti, mentre nella sua formulazione originaria l'art.12 esordiva ponendo l'accento sul verbale di accordo e sul suo contenuto ("il verbale di accordo, il cui contenuto non è contrario [...], è omologato), con la riforma del 2013 l'attenzione si è spostata primariamente sui soggetti che hanno partecipato alla procedura di mediazione e, nello specifico, alla presenza o meno degli avvocati ("ove tutte le parti aderenti alla mediazione siano assistite da un avvocato"), per poi chiarire che in detto caso -e solo in detto caso- varrà la nuova regola (art.12 comma 1 primo periodo: " ove tutte le parti aderenti alla mediazione siano assistite da un avvocato, l'accordo che sia stato sottoscritto dalle parti e dagli stessi avvocati costituisce titolo esecutivo per l'espropriazione forzata, l'esecuzione per consegna e rilascio, l'esecuzione degli obblighi di fare e non fare, nonchè ...").
Secondo la nuova formulazione, quindi, sia che la mediazione sia obbligatoria sia che sia facoltativa, tutte le volte che alla stessa le parti si siano fatte assistere da un avvocato, l'esecuzione dell'accordo in mediazione potrà ottenersi senza la preventiva omologazione da parte del Presidente del Tribunale, competente per territorio. Questo in ragione del fatto che "Gli avvocati attestano e certificano la conformità dell'accordo alle norme imperative e all'ordine pubblico" (art.12 comma 1 2° periodo).
L'assenza di questa certificazione ha conseguenze rilevanti perchè ove l'accordo non sia adempiuto, non potrà essere posto in esecuzione con la semplice trascrizione nell'atto di precetto, e potrebbe non essere eseguibile coattivamente in alcun modo, ove affetto da nullità e contrario alle norme imperative e all'ordine pubblico.
Qualche dubbio poi si pone sulla possibilità di ricorrere alla procedura di omologazione davanti al Presidente del Tribunale nel caso in cui, pur essendo le parti assistite dagli avvocati (ancor più in caso di mediazione obbligatoria), questi omettano di certificare la conformità dell'accordo alle norme imperative e all'ordine pubblico.
Il legislatore del 2013, infatti, dopo avere specificato che l'accordo costituisce titolo esecutivo, "ove tutte le parti aderenti alla mediazione siano assistite da un avvocato" (1° periodo comma 1 art.12); dopo avere aggiunto che gli avvocati certificano e attestano la conformità alle norme imperative (2° periodo) e avere precisato, al 3° periodo del medesimo comma, che in detti casi (testualmente "l'accordo di cui al periodo precedente...") dev'essere integralmente trascritto nel precetto; al 4° periodo del medesimo comma prescrive che "In tutti gli altri casi l'accordo allegato al verbale è omologato".
Bisogna quindi capire quali siano "tutti gli altri casi", se cioè siano tali quello di
1) accordi raggiunti senza l'assistenza legale (mediazioni volontarie in cui le parti possono non farsi assistere dall'avvocato);
2) accordi che non prevedano il pagamento di somme di denaro, la consegna o il rilascio di beni, nè obblighi di fare e non fare;
3) accordi in cui gli avvocati, scientemente o meno non abbiano effettuato l'attestazione/certificazione di conformità alle norme imperative e all'ordine pubblico.
Ferma la pacificità dei casi di cui al punto 1) e 2), con riguardo alla terza ipotesi, appare opportuno fare alcune considerazioni.
Come già si è avuto modo di dire in altra occasione, non può ritenersi un caso nè privo di significato il fatto che il legislatore non abbia sentito la necessità di specificare, se questa attività certificatoria della conformità dell'accordo alle norme imperative e all'ordine pubblico costituisca per l'avvocato una facoltà o un obbligo.
Si reputa quindi, che in tal modo il legislatore abbia voluto evidenziare come detta attività sia implicita ed imprescindibile nell'assistenza svolta dall'avvocato in mediazione: assistenza, quindi, che tale non sarebbe se l'atto conclusivo dell'accordo fosse privo della certificazione dell'avvocato.
Stando così le cose, l'omologazione da parte del Presidente non sarebbe ammissibile nell'ipotesi n.3.
Conferma della correttezza di questa interpretazione la si è avuta dal Correttivo Cartabia che, al comma 1bis dell'art.12, in luogo della precedente formulazione ("in tutti gli altri casi") ha previsto l'omologazione solo "quando le parti aderenti alla mediazione non sono tutte assistite dagli avvocati".
Riservando ad una prossima occasione la trattazione del caso relativo alla mancata certificazione da parte di almeno uno degli avvocati (forse più scolastica che concreta, considerato come sia interesse delle parti e dei loro avvocati, quello di raggiungere un accordo pienamente valido, vincolante ed azionabile esecutivamente), ciò che in questa sede rileva è che la certificazione della conformità alle norme imperative e all'ordine pubblico secondo la formulazione dell'art.12 post Riforma del 2014 conferisce all'Accordo in mediazione il valore di titolo esecutivo non solo per l'espropriazione forzata, l'esecuzione per consegna/rilascio e l'esecuzione degli obblighi di fare e non fare, ma altresì per l'iscrizione di ipoteca giudiziale.
La norma, sotto questo profilo, non ha subito rilevanti modifiche nè da parte della Riforma Cartabia (D.Lgs. n.149/2022 come modificato dalla L. n.197/2022) nè dal recentissimo Correttivo (D.Lgs. n.216/2024), che hanno previsto da un lato che l'accordo può essere sottoscritto anche con le modalità telematiche di cui all'art.8bis e, da ultimo, in considerazione delle ultime novità relative all'esecuzione richiesta in modalità telematica all'UNEP, aggiungendo la previsione che "l'avvocato certifica la conformità all'originale della copia dell'accordo trasmessa con modalità telematiche all'Ufficiale Giudiziario ...". Nessuna modifica invece vi è stata nè con riguardo alla validità di titolo esecutivo nè a quella di titolo per l'iscrizione di ipoteca giudiziale.
Prestando attenzione a quest'ultimo profilo, la giurisprudenza, ha dovuto affrontare il problema della possibilità di utilizzare l'Accordo in mediazione ai fini dell'iscrizione di ipoteca e dei suoi oneri.
Il problema si è presentato già diversi anni fa con riguardo all'ipotesi di un accordo omologato dal Presidente del Tribunale, omologazione che - ricordiamo- comporta l'accertamento della regolarità formale dell'accordo oltre che del rispetto delle norme imperative e dell'ordine pubblico (art.12 Comma 1-Bis).
Il problema era stato sollevato da un Conservatore dei Registri Immobiliari secondo cui, nonostante la verificazione operata dal Presidente del Tribunale in sede di omologazione, "il titolo negoziale presentato per l'iscrizione doveva avere i requisiti previsti dall'art.2818 C.C. e quindi contenere la condanna a pagare una somma o ad adempiere un'altra obbligazione": elementi che nel caso dell'accordo in mediazione, come è ben facile comprendere, erano assenti. Per tale ragione l'ipoteca era stata iscritta con riserva e, a seguito del ricorso proposto dalla società nei cui confronti era avvenuta l'iscrizione, la questione è stata definita dal Tribunale di Ascoli Piceno con ordinanza del 11.10.2017. Questo, nell'occasione, ha reputato del tutto legittima l'iscrizione affermando il principio secondo cui il Conservatore non può sindacare sul contenuto dell'atto (recte accordo in mediazione), in quanto "le parti determinano tale contenuto in piena autonomia". Il Tribunale ha altresì evidenziato che quella di cui all'art.12 D.Lgs. n.28/2010 è un'ipotesi speciale e diversa da quella dell'ipoteca giudiziale, per cui vi è la necessità di non disincentivare il ricorso agli strumenti non contenziosi di definizione delle liti.
E' evidente, infatti, come una "condanna al pagamento di somme di denaro" sia del tutto incompatibile con un accordo, per cui pretendere un simile requisito formale si tradurrebbe di fatto con l'inutilizzabilità dell'accordo ai fini della garanzia ipotecaria.
Del medesimo avviso era stato il Tribunale di Varese (sentenza 12.07.2012) che aveva ritenuto che la norma ha natura speciale integrativa del diritto comune, in quanto "la base è volontaria ma la garanzia è giudiziale", ed è espressione di un favor mediationis da parte del legislatore.
Così come già rimarcato anche dal Tribunale di Bari (sentenza 07.09.2016), la norma avrebbe "innovato la categoria dei titoli esecutivi ex lege" mentre, una diversa interpretazione della stessa "vanificherebbe e depotenzierebbe" lo strumento della mediazione.
Se quindi non ci sono dubbi sull'utilizzabilità dell'Accordo in mediazione, dotato dei requisiti di cui sopra, quale titolo esecutivo anche ai fini dell'iscrizione ipotecaria, si sono sollevati dei dubbi se in sede di iscrizione di ipoteca il creditore possa avvalersi delle agevolazioni fiscali di cui all'art.17 comma 1 D.Lgs. n.28/2010, che stabilisce che "tutti gli atti, documenti e provvedimenti relativi al procedimento di mediazione sonoesenti dall'imposta di bollo e da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura".
Per completezza, si rammenta che il 2° comma del medesimo articolo prevede l'altra importante agevolazione: quella dell'esenzione dall'imposta di registro sino a €. 100.000 sul verbale e l'accordo di mediazione.
Con riguardo all'esenzione di cui alla formulazione previgente dell'art.17 ma corrispondente all'attuale comma 1 dell'art.17, l'Agenzia delle Entrate con il parere n.235 pubblicato in data 31.07.2020 aveva precisato che il regime di esenzione in oggetto "trova applicazione anche per le imposte ipotecaria e catastale, indipendentemente dal valore dei trasferimenti oggetto dell'accordo".
Detta estensione è stata riconosciuta nel medesimo periodo anche dalla Cassazione, con l'ordinanza 16.06.2020 n.11617, che ha precisato che "si applica agli atti, documenti e provvedimenti del procedimento di mediazione, ovvero compresi nell'ambito dell'attività, comunque denominata, svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, anche con formulazione di una proposta ..., dovendo quindi ritenersi esenti da tassazione l'istanza di mediazione, i documenti allegati, l'adesione alla mediazione, le eventuali memorie delle parti, ... la proposta di conciliazione, il verbale di conciliazione ed eventuali copie dello stesso ...".
Se si presta attenzione, si nota che l'interpretazione fornita dalla S.C. si discosta solo minimamente dalla formula utilizzata dal legislatore: questi infatti ha previsto l'esenzione per tutti gli atti RELATIVI al procedimento di mediazione, mentre la Cassazione traduce tale principio specificando che per tali devono intendersi tutti gli atti DEL procedimento di mediazione.
La ratio della norma appare chiara ed in linea con tutta la normativa di settore: incentivare il ricorso allo strumento della mediazione in ragione della sua funzione deflattiva.
Da quanto sopra, se ne desume che "l'applicazione del regime fiscale agevolato è limitata agli atti concernenti il procedimento di mediazione", anche tenendo ben presente che "il trattamento tributario agevolativo, avente natura eccezionale, è di stretta interpretazione ed insuscettibile di applicazione analogica".
Posto, quindi che, ai sensi dell'art.1 lett. a del D.Lgs. n.28, per "mediazione" si intende l'attività "svolta da un terzo imparziale" e per "conciliazione" la composizione della controversia raggiunta a seguito della mediazione come sopra intesa, l'agevolazione fiscale, secondo un recente parere fornito dall'Agenzia delle Entrate (n.3/2025), in linea con i principi già affermati dalla S.C., non può che limitarsi all'attività di mediazione: e quindi a quella interna alla procedura, funzionale e sfociante nella conciliazione.
Tale non è l'iscrizione di ipoteca trattandosi di attività ulteriore che "l'istante intende porre in essere al fine di garantire il proprio credito". Questa, quindi, rileva l'Agenzia, "non appare posta in essere in dipendenza o al fine dello svolgimento dell'attività procedimentale, o comunque strumentale rispetto al procedimento di mediazione, in quanto attiene ad una fase successiva alla chiusura del procedimento ovvero quello dell'esecuzione dell'accordo di mediazione" (Parere A.d.E. n.3/2025).
A conferma della correttezza dell'interpretazione appare utile rammentare che, per le medesime ragioni, l'azione esecutiva eventualmente posta in essere dal creditore in caso di inadempimento delle obbligazioni assunte dalla sua controparte nell'accordo di mediazione è soggetta al versamento del contributo unificato ed agli ulteriori oneri del processo esecutivo.
La ragione di questa solo apparente discrasia è da rinvenirsi nel fatto che dette fasi successive alla mediazione/conciliazione, sono espressione di una nuova conflittualità ed un nuovo contenzioso, che si traduce in un procedimento giudiziale, seppur di natura esecutiva e non cognitoria, mentre le agevolazioni fiscali devono ritenersi un'esclusiva, riconosciuta dal legislatore alla definizione "non contenziosa" del conflitto.
Prospettive di Riforma
Seppur la logica di quanto sopra sia chiara, si reputa meritevole di un ulteriore approfondimento da parte del legislatore la considerazione che estendere l'agevolazione fiscale anche all'attività consequenziale ed esecutiva dell'accordo di mediazione, determinerebbe un importantissimo ulteriore incentivo alla definizione delle controversie.
In tal modo, infatti, verrebbe disincentivato in maniera importante anche l'inadempimento agli accordi conclusi in mediazione, favorendo il rispetto degli stessi e così garantendo la reale definizione della controversia.
Il conflitto, infatti, potrebbe dirsi effettivamente ripianato solo con la completa attuazione dell'accordo conciliativo faticosamente raggiunto in mediazione.
Questo comporterebbe non solo l'eliminazione del contenzioso di cognizione (che la mediazione è già idonea a scongiurare) ma anche il tutt'altro che irrilevante contenzioso che, pur in presenza di accordi di mediazione, sfocia nelle aule di giustizia a seguito di iscrizioni ipotecarie e azioni esecutive: vuoi in termini di procedimenti cautelari, vuoi in termini di procedimenti esecutivi, vuoi infine, in termini di processi di opposizione alle esecuzioni e agli atti esecutivi.
Un'agevolazione fiscale anche su questo profilo incrementerebbe ulteriormente la funzione deflattiva della mediazione, già riconosciuta e perseguita dal nostro ordinamento nel rispetto dei principi costituzionali, posto che favorirebbe la spontanea e regolare attuazione degli accordi raggiunti.
Ulteriore profilo, che un legislatore attento non dovrebbe sottovalutare, è infine rappresentato dalla necessità di evitare che anche la mediazione, così come ogni strumento di diritto possa essere strumentalizzato in termini di "abuso del diritto".
Tale sarebbe, infatti, il comportamento della parte che, al solo fine di procrastinare ed eludere l'affettivo adempimento delle proprie obbligazioni, non solo partecipa alla mediazione (magari usufruendo di tutte le possibili proroghe concesse dalla normativa) ma arriva addirittura a concludere un accordo, nella consapevolezza e con l'intento di non adempierlo, così ottenendo il tempo eventualmente necessario per frustrare completamente l'altrui credito.
Questo rischio di abuso, si reputa possa essere efficacemente scongiurato dall'incentivare anche la garanzia e l'esecuzione dell'accordo concluso in mediazione.